Come si scrive una scena erotica

Romance - Erotic

Una settimana dopo Strangways ci sbalordì entrambi raccontandoci che era riuscito a sedurre la balia della sorellina e a infilarsi nel suo letto di notte. A quanto pare lei la prima volta non gli avrebbe lasciato fare nulla, ma dopo una notte o due riuscì a toccarle il sesso che, ci assicurò, era tutto ricoperto di peli vellutati. Dopo un po’ di tempo ci raccontò che lei aveva messo un chiavistello alla porta, ma che lui il giorno dopo l’aveva tolto e si era di nuovo infilato nel suo letto; inizialmente lei era arrabbiata, o faceva finta di esserlo, diceva lui, ma Strangways continuò a baciarla e a implorarla finché poco a poco lei si arrese e lui le toccò nuovamente il sesso. «Era come una fessura» ci disse. Qualche notte più tardi ci raccontò di averglielo infilato dentro. «Oh, per Giove, era stupendo, stupendo!»

«Ma come hai fatto?» volevamo sapere, e allora ci fece partecipi di tutta la sua esperienza.

«Alle ragazze piacciono i baci» disse, «così io la baciavo e poi la baciavo ancora, poi le ho poggiato una gamba addosso, le ho preso una mano e l’ho messa sulla mia belva in agguato, mentre continuavo a toccarle il seno e la passerina (è così che lei la chiama), alla fine le sono salito sopra, in mezzo alle gambe; lei me lo ha preso tra le mani e mi ha guidato dentro di lei (Dio, era stupendo!). Adesso vado con lei ogni notte, spesso anche di giorno. A lei piace essere toccata lì, in mezzo alle gambe, ma devi farlo con molta delicatezza» aggiunse, «mi ha fatto vedere lei come si fa, così, col dito» e così dicendo accompagnò le parole con i gesti.

Strangways in un attimo era diventato per noi non solo un eroe, ma un miracolo vivente. Facevamo finta di non credergli, così lui ci raccontava tutto e noi, pazzi dal desiderio, rimanevamo senza fiato.

Lo convinsi a invitarmi su in canonica per vedere Mary, la balia; sembrava quasi una donna fatta e gli si rivolgeva chiamandolo “Padroncino Will”. Lui la baciò, ma lei subito lo fulminò con lo sguardo e disse arrabbiata: «Mi lasci in pace. Si comporti come si deve»; capii però che la sua ira serviva solo a mascherare la verità ai miei occhi. Bruciavo dal desiderio e, quando lo dissi ad Howard, scoprii che anche lui moriva dalla voglia; mi portò a fare una passeggiata e si fece raccontare tutto da capo. Sotto un covone di paglia in aperta campagna demmo sfogo alla nostra libidine e, per la prima volta, provai il brivido del piacere.

Mentre ci masturbavamo continuavo a pensare alla calda fessura di un vero orgasmo che mi fece fremere tutto: l’immaginazione aveva reso il piacere di gran lunga più intenso.

Fino ad allora non avevo mai provato in vita mia una gioia paragonabile a quella storia di piacere sessuale descritta e vissuta per noi da Strangways.

(Frank Harris, La mia vita e i miei amori)

I osservazione: sesso e desiderio

Iniziamo a rompere quello schema mentale che ci fa vedere il sesso e chi ne parla come anormali e volgari.

Certo, non si può affermare neppure il contrario, che il sesso sia un’attività normale come tutte le altre; non è così, perché il sesso coinvolge l’intimità di due corpi protesi a superare ogni barriera. Chi accetterebbe di considerare il sesso, sic et simpliciter, pace, amore e serenità?

Secondo alcuni psicologi, le sue radici sono le stesse della violenza e della brutalità. Secondo altri, il sesso racchiude sempre una qualche forma di costrizione.

Il sesso è una forza dirompente, che produce effetti imprevedibili; qualcosa di irrazionale e travolgente. Apollo, con le sue frecce, ti colpisce, ti trascina via, ti priva di ogni lucidità e libertà.

Un po’ come la guerra, il sesso è devastante.

Ma esiste un’arte della guerra e un’arte amatoria.

I

Quando il sesso diventa arte, si trasforma in qualcosa di sublime; allora sì che può essere vissuto in tutto il suo splendore accecante, senza sensi di colpa e lacerazioni, con atteggiamento persino giocoso e allegro.

È ovvio che secoli e secoli di tabù, di ossessioni, di bigottismi e moralismi, non solo ne hanno sminuito la portata, facendone il fondamento del proibito (una sorta di atto impuro da espiare o da ricondurre all’immaginazione clandestina), ma hanno anche ostacolato lo sviluppo di un’educazione sessuale che avrebbe contribuito a conciliare ragione e istinti, utile, anche, a farci andare preparati all’appuntamento con il sesso, indicandoci le giuste vie per procacciarlo e per praticarlo. Ne avrebbe giovato la letteratura: probabilmente, non esisterebbe il genere pornografico, ma solo un erotico di qualità.

Ad ogni modo, se si ha paura del sesso, non si può scrivere una scena erotica…

Ma allora, come superare la paura del sesso?

Affrontandolo! Sia direttamente, sia attraverso l’arte e la letteratura. Quindi, coltivando l’erotismo, che è propriamente l’arte di rappresentare il sesso.

L’erotismo non è amore, né motore di riproduzione sessuale. È a mezz’aria, tra l’amore affettivo idealizzato e la necessità di preservare la specie. Ma è indipendente da entrambi. L’erotismo si pone al centro, equilibrando cultura e natura. L’erotismo è anche al di là di ogni vincolo, perché non reclama per sempre e per sé l’oggetto del suo desiderio; e non è neppure monogamico.

L’erotismo è desiderio di desiderio. È il piacere di desiderare.

Desiderare significa voler avere qualcosa/qualcuno, ma non è al possesso che si mira, bensì al piacere che si ritiene derivi dall’avere qualcosa/qualcuno accanto a sé. Si desidera il piacere così come lo si immagina, non l’oggetto.

Il sesso, attraverso l’eros, s’innalza a un livello tutto suo, autonomo… e diventa forma artistica.

C’è un’arte nel farlo e un’arte nel rappresentarlo. Più lo si fa, più diminuisce la paura; più lo si rappresenta e lo si vede rappresentare, più diminuisce la paura.

Grazie al desiderio, il piacere si amplifica, è come se acquisisse una forza straordinaria e un senso nuovo. (Da questo punto di vista, l’arte e la letteratura non sono, come credeva Freud, forme di sublimazione allorché manchi la disponibilità dell’oggetto del proprio desiderio; al contrario, l’arte e la letteratura sono gli alimenti principali di quello stesso desiderio, senza il quale non si avrebbe alcuna reale soddisfazione nell’atto sessuale – arte e letteratura che fioriscono semmai sulla scia e per effetto dell’impulso desiderante, che può essere fomentato da altrettanta arte e letteratura erotica).
Se il sesso non contenesse nessun desiderio (e quindi neanche il piacere di sentirsi desiderati e di desiderare), diverrebbe piacere fine a se stesso.
Ma il sesso senza alcuna magia, senza aspettativa e promessa di ripetizione, che cos’è? Una sorta di attrattiva casuale ed estemporanea. Così – notava bene Stephen Kern – il sesso si riduce al suo culmine, che è termine; con tutto l’imbarazzo di guardarsi in faccia dopo aver riacceso le luci e non aver nulla da dire… intenti, ora, gli amanti post-orgastici, a fronteggiare un logorante silenzio.

Il sesso fine a se stesso, senza desiderio e senza contesto, celebra la morte dell’amore.
L’eros è lo strumento di liberazione del sesso. Il cuore che palpita in petto, mantenendo l’anima in vita.

II OSSERVAZIONE: IL LINGUAGGIO

Il sesso combina gusto e disgusto; vi è un elemento di dolore all’interno del piacere, e un elemento di piacere all’interno del dolore. Il sesso, come un Giano bifronte, mescola positivo e negativo, bene e male.

Perciò, nel rappresentare una scena di sesso, bisognerà essere attenti a far emergere questa ambivalenza, e direi questa pluralità di sensazioni ed emozioni.

La sua stanza era come la tana di un viaggiatore, piena di oggetti da tutto il mondo. Le pareti erano rivestite di tappeti rossi, il letto coperto di pellicce. Il luogo era chiuso, intimo, voluttuoso come le stanze di un sogno provocato dall’oppio. Le pellicce, le pareti rosso cupo, gli oggetti, come i feticci di un sacerdote africano, tutto era violentemente erotico. Volevo sdraiarmi nuda sulle pellicce, essere posseduta lì, adagiata su quell’odore animale, accarezzata dal pelo.
Rimasi in piedi in quella stanza rossa, e Marcel mi spogliò. Prese la mia vita nuda tra le mani. Con le mani esplorò pazientemente il mio corpo. Tastò la pienezza forte dei miei fianchi.
«Una donna vera, per la prima volta», disse. «Ne sono venute tante, ma per la prima volta ecco una donna vera, qualcuna che possa adorare».
Mentre giacevo sul letto, mi parve che l’odore della pelliccia, le sensazioni che provavo a toccarla, e la bestialità di Marcel si mescolassero. La gelosia aveva infranto la sua timidezza. Era come un animale, affamato di ogni sensazione, di ogni nuovo modo di conoscermi. Mi baciò impetuosamente, mi morse le labbra. Sdraiato sulle pellicce mi baciava i seni, mi palpava le gambe, il sesso, le natiche. Poi, nella semioscurità, mi montò sopra, scivolando verso l’alto, e mi infilò il pene in bocca. Sentii i miei denti stringersi sul suo sesso mentre lo spingeva avanti e indietro, e gli piaceva. Mi guardava e mi accarezzava, con le mani che mi percorrevano tutto il corpo, le dita che andavano dappertutto, per conoscermi meglio, per tenermi.
Gli misi le gambe sulle spalle, in alto, in modo che potesse affondare dentro di me e vedere allo stesso tempo. Voleva vedere tutto. Voleva vedere come entrava e usciva il pene, brillante e duro, grosso. Mi sorressi coi pugni, in modo da offrire meglio il mio sesso ai suoi colpi. Poi mi girò e si piegò su di me come un cane, spingendomi dentro il pene da dietro, con le mani a coppa sui miei seni, accarezzandomi e spingendo allo stesso tempo. Era infaticabile. Non voleva venire. Io aspettavo per avere l’orgasmo con lui, ma posponeva e posponeva. Voleva prolungare, continuare a sentire il mio corpo, a essere eccitato senza posa. Io cominciavo a esser stanca, e gli gridai: «Vieni Marcel, vieni adesso, adesso!» Allora incominciò a spingere con violenza muovendosi insieme a me nel crescendo impetuoso dell’orgasmo, e io gridai e venimmo quasi nello stesso momento. Ricademmo tra le pellicce, liberati.
(Anaïs Nin, Diari)

Francamente, non credo esista una dicotomia tra pornografico (nel senso di rappresentazioni oscene) ed erotico (nel senso di scene più raffinate). Semmai, coesistono due modi di rappresentare il sesso: banalmente e meccanicamente uno, efficacemente e sensualmente l’altro. Ma non tutto ciò che si presenta come pornografico è da buttare, e non tutto ciò che viene etichettato come erotico è da salvaguardare. Quell’erotico snervante, che tradisce ogni aspettativa non è da preferire a certe scene di sesso esibite da Moana Pozzi. Ad ogni modo, la differenza tra pornografico ed erotico è più di natura soggettiva che oggettiva: Madame Bovary, quando uscì, nel 1857, acquisì subito l’appellativo di pornografico e venne condannato per offesa alla moralità pubblica e alla religione; ma certo, non si può dire presentasse un linguaggio sconcio, insulso e banale.

In fin dei conti, un linguaggio sconcio è un linguaggio povero; e un linguaggio povero, melenso, stereotipato, non evocativo e non immaginativo, non può dirsi letterario. Il linguaggio della letteratura è un linguaggio ricco e pregnante.

LA SCENA EROTICA

La scena erotica è davvero la prova del fuoco: croce e delizia di ogni scrittore. L’autore che non riesce a narrare le vicende di un rapporto sessuale, foss’anche solo un atto masturbatorio, non può dirsi grande scrittore, e forse neppure scrittore. Chi scrive, prima o poi, dovrà cimentarsi nell’elaborazione di una scena erotica… fa parte della vita… e il linguaggio dovrà rivolgersi a un catalogo di espressioni apparentemente predefinite. Si tratta di espressioni ben note, perché tratte, molto spesso, dal linguaggio comune; spudorate e colorite, che si avvalgono di metafore e similitudini più o meno ricercate. Qui, creatività e inventiva sono all’ordine del giorno.

In quanti e quali modi si dice il sesso?

Atto sessuale: accoppiamento, amplesso, chiavata, coito, copula, rapporto, relazione sessuale, scopata, unione, fare l’amore, fare sesso, trombare.


Posizioni sessuali: I movimenti sessuali dell’uomo sono: l’«andirivieni», il «mescolamento», la «pugnalata», la «schiacciata», la «pressa», la «folata di vento», la «spinta del cinghiale», la «spinta del toro», il «trastullo del passero» e la «coppa». Un accoppiamento regolare, lineare, è detto «andirivieni». Quando egli, tenendo il pene con la mano, lo spinge in tutte le direzioni, si chiama «mescolamento». Quando le fa abbassare il bacino e spinge dentro di lei dall’alto, è detta «pugnalata». Quando al contrario glielo solleva e spinge dentro di lei da sotto, con violenza, quella è la «schiacciata». Quando la penetra in profondità e resta fermo a lungo premendo, si chiama «pressa». Quando si ritrae parecchio e poi riaffonda con impeto dentro di lei, quella è la «folata di vento». Se la sfrega parecchie volte da una parte sola, si ha la «spinta del cinghiale». Se fa questo da entrambi i lati, in maniera alternata, si ha la «spinta del toro». Quando la penetra una volta e, senza ritrarsi del tutto, spinge dentro di lei due, tre, quattro volte, si chiama «trastullo del passero». La «coppa», già descritta in precedenza, è il metodo utilizzato quando la passione si avvicina al termine. Un uomo dovrebbe scegliere fra questi il movimento che più si addice a ciascuna donna. Ma quando la donna fa la parte dell’uomo, vi sono in aggiunta le «tenaglie», la «trottola» e l’«altalena». Quando afferra il pene nella posizione della «trappola della giumenta», attirandolo più in profondità dentro di sé o stringendolo, e lo trattiene a lungo, quelle sono le «tenaglie». Quando, trattenendolo dentro di sé, gli gira intorno come una ruota gira intorno all’asse, si ha la cosiddetta «trottola», che richiede esercizio. Mentre ella si muove così, l’amante spinge verso l’alto il bacino. Quando gli gira intorno dondolando il bacino ora da una parte ora dall’altra in tutte le direzioni, quella è l’«altalena». Può riposarsi, tenendolo saldamente dentro di sé, con la fronte poggiata sulla fronte di lui. E dopo che si è riposata, l’uomo si rimette sopra. Questi sono i modi in cui la donna fa la parte dell’uomo.
(Kāmasütra)

Organo maschile: asta, fallo, membro, pene, uccello, verga, mazza, piffero, pisello, sesso, minchia, pistolino, pispolino, pisellino, arnese, bastone, legno, martello, organo, capo, elemento, socio, pesce, palo, bischero, fava, piolo, strumento, nerchia, sberla, banana, pirla*.
Organo femminile: passera, passerina, patacca, patata, patatina, fessa, fregna, mona, patonza, sorca, topa, vagina, vulva, fica e figa.
Nel corso dei secoli, il repertorio di lemmi per indicare sia il pene sia la vagina si è andato progressivamente estendendo. Dalla verga, in uso presso i Romani – da cui, virgola, che assomiglia tanto a un pisellino flaccido – si è passati al più corpulento cazzo, presumibilmente di origine dialettale ma in uso già nella letteratura rinascimentale; e dai timidi e poetici fiorellino, buchetto e cosina si è passati al più prosaico fica (o figa) e poi a sorca, fregna e fessa. È bene comunque considerare l’ambito eminentemente poliedrico della loro semantica. Impossibile e decisamente offensivo racchiudere in un solo lemma le forme plurali e divenienti tanto degli organi maschili quanto di quelli femminile.

  • Pirla è un termine in uso in molti dialetti di area lombarda ed emiliana (e in particolare nel dialetto milanese), in origine significante trottola (da cui anche il verbo pirlare, cioè gironzolare senza scopo) e poi passato a indicare l’organo sessuale maschile. Attualmente il lemma è utilizzato anche come insulto, con la connotazione di “stupido”.

Camminiamo in silenzio lungo il corridoio verso l’ascensore. Mentre aspettiamo, lo guardo, e lui mi osserva con la coda dell’occhio. Sorrido, e le sue labbra si contraggono.
In ascensore siamo soli. Di colpo, per qualche inspiegabile ragione, forse la nostra vicinanza in uno spazio così limitato, l’atmosfera tra noi cambia, si carica di una euforica, elettrica aspettativa. Il mio respiro accelera, insieme al battito del cuore. La sua testa si gira impercettibilmente verso di me, con gli occhi color ardesia. Mi mordo il labbro.
«Oh, al diavolo le scartoffie» grugnisce. Si avventa su di me, sbattendomi contro la parete dell’ascensore. Prima di rendermene conto, mi ha preso entrambe le mani in una delle sue e le tiene strette in una morsa sopra la mia testa, e intanto mi inchioda alla parete con i fianchi. “Oh, mio Dio.” Con l’altra mano mi afferra la coda e la tira, alzandomi il viso, e le sue labbra sono sulle mie. Non fa male. Gemo nella sua bocca, lasciando un varco alla sua lingua. Lui ne approfitta, esplorandomi la bocca con fare esperto. Non sono mai stata baciata così. La mia lingua accarezza esitante la sua e si unisce a lei in una lenta danza erotica fatta di contatti e sensazioni, sussulti e stoccate. Sposta la mano per afferrarmi il mento e immobilizzarmi. Sono indifesa, le mani incastrate, il viso bloccato e i suoi fianchi che mi imprigionano. Sento la sua erezione contro il ventre. Oddio… mi vuole. Christian Grey, il dio greco, mi vuole, e io voglio lui, qui… adesso, in ascensore.

«Tu. Sei. Così. Dolce» mormora, scandendo ogni parola. L’ascensore si ferma, le porte si aprono e lui si stacca da me in un batter d’occhio, lasciandomi sorpresa. Tre uomini in giacca e cravatta ci guardano e ridacchiano mentre entrano nella cabina. Il mio cuore è a mille, mi sembra di aver fatto una corsa in salita. Vorrei chinarmi e appoggiare le mani sulle ginocchia… ma sarebbe troppo banale.
Lo guardo. Sembra così calmo e distaccato, come se avesse appena smesso di fare un cruciverba. “Non è giusto.” Possibile che la mia presenza non gli faccia effetto? Mi guarda con la coda dell’occhio e si lascia sfuggire un profondo sospiro. Ah, dunque gli faccio effetto, eccome, e la mia piccola dea interiore si agita in un samba trionfale. Gli uomini in giacca e cravatta scendono al primo piano. Ci resta un piano solo.
«Ti sei lavata i denti» mi dice, fissandomi.
«Ho usato il tuo spazzolino» mormoro.
Le sue labbra si curvano in un mezzo sorriso.
«Oh, Anastasia Steele, cosa devo fare con te?»
Quando le porte si aprono al pianoterra, mi prende per mano e mi trascina via.
«Perché gli ascensori sono così imbarazzanti?» sussurra, più a se stesso che a me, mentre attraversiamo l’atrio. Fatico a tenere il passo perché le mie facoltà mentali sono rimaste nell’ascensore numero tre dell’Heathman Hotel.
(E L James, Cinquanta sfumature di grigio)

Si noti il linguaggio diretto, semplice, molto esplicativo, messo in atto dalla scrittrice britannica Erika Leonard James**.

  • Nel 2012, il Time Magazine l’ha inclusa nella sua lista annuale delle 100 persone più influenti del mondo.

Per scena erotica si può intendere anche la rappresentazione di un bacio passionale. E si può accedere al cosmo della fiction, tra bizzarrie e assurdità di ogni tipo, pure attingendo al grottesco***. Prendete Storia dell’occhio (1928) di Georges Bataille; si descrivono le più bizzarre perversioni sessuali compiute da una coppia d’amanti adolescenti. Oppure, Histoire d’O (1954) di Pauline Reage; per dimostrare all’amante il proprio amore, la protagonista si sottopone a un periodo di segregazione all’interno di un castello dove subisce una ripetuta flagellazione e uno stupro da parte di un gruppo di assatanati; più tardi, dopo aver ripreso la sua vita normale, diventa “oggetto di proprietà” di un amico dell’amante e si lascia da questi imprimere sulle natiche le sue iniziali.

  • Stranamente e bizzarramente deforme, riferito in origine alle pitture parietali dette grottesche, e poi in genere a tutto ciò che, per essere goffo, paradossale, innaturale, muove il riso pur senza rallegrare. In letteratura, è uno degli aspetti del comico, che nasce da uno squilibrio, da una sproporzione voluta fra gli elementi rappresentativi, o dal contrasto fra la drammaticità, la grandiosità della rappresentazione obiettiva di un personaggio e lo spirito parodistico o satirico nel quale lo scrittore lo immerge o con cui risolve inaspettatamente una situazione non comica (come, per es., in taluni episodî del Don Chisciotte, o dei poemi cavallereschi italiani).

Ma si pensi anche a Sex and Zen – Il tappeto da preghiera di carne, un film del 1991 diretto da Michael Mak, tratto da un celebre romanzo erotico cinese del XVII secolo, scritto da Li Yu: Il tappeto da preghiera di carne. Il protagonista, convinto di dover sfruttare al meglio il tempo che la vita gli dà per cercare il piacere sessuale assoluto, s’innamora della bellissima e ricca Huk-Yung, che presto diverrà sua moglie. Ma non riesce a soddisfare i desideri del suo compagno. Per Mei Yung-sheng comincia così la ricerca di metodi alternativi, arrivando a farsi trapiantare un membro equino…

Tutto è possibile nel mondo della fantasia erotica, l’importante è che la scena sia credibile…

Ma a questo punto, la domanda di fondo è: come si rappresenta efficacemente una scena erotica?
Risposta:
1. Creando un contesto
2. Creando un’atmosfera erotica
3. Utilizzando un linguaggio appropriato e immaginativo
4. Facendo emergere sentimenti ed emozioni

In generale, bisognerebbe rispondere alle seguenti domande:
1. Dove si svolge il rapporto sessuale? In quale ambiente?
2. Come si sono conosciuti gli amanti?
3. Cos’è che ha fatto scattare la molla dell’attrazione e della passione?
4. Come sono vestiti gli amanti?
5. Che volto hanno? Che corpo hanno?
6. Cosa si dicono, prima, durante e dopo l’amplesso?
7. Cosa provano?
8. Quali sono i loro pensieri nascosti?


Secondo il ginecologo Williams H. Masters e la psicoterapeuta Virginia E. Johnson, l’attività sessuale può essere ricondotta a quattro fasi o risposte: 1.eccitamento, costituito da una serie di stimoli erotici sia fisici (carezze, stimolazione genitale) sia sensoriali (odore della pelle e delle secrezioni, fantasie erotiche). Se la tensione sessuale persiste si raggiunge la fase statica 2.plateau, costituito dal perdurare dell’eccitazione fisica fino al raggiungimento della terza fase 3.orgasmo la cui intensità è condizionata sia dall’efficacia degli stimoli precedenti, sia dalle motivazioni e dalla disponibilità psicologica del soggetto. L’orgasmo si manifesta con un acme di piacere intenso e involontario nel quale si riversano tensioni fisico-psichiche del soggetto avvertite nella donna a livello di vagina, clitoride e utero e nell’uomo a livello di pene, prostata e vescichette seminali. Nel maschio questa fase è sempre molto intensa e stabile, mentre nella donna è più variabile e si possono avere schemi di risposta diversi: in uno l’orgasmo si manifesta come un acme evidente sulla fase di plateau, talvolta invece l’acme è molto debole e con caratteristica ondulatoria, altre volte viene raggiunto per mezzo di un rapido e progressivo incremento della tensione sessuale. L’ultima fase, 4.risoluzione vede una progressiva diminuzione della tensione sessuale che si manifesta con profonde differenze fra i due sessi. Nell’uomo si ha un fisiologico “periodo refrattario” la cui durata è estremamente soggettiva e variabile: in genere è più breve nei giovani. Tale periodo è caratterizzato da una fase di detumescenza rapida con condizioni inferiori alla norma d’eccitabilità. La donna, quando si trova in questa fase, se riceve un’adeguata stimolazione, può ricominciare il ciclo e avere successivi orgasmi distinti fra loro provando ondate di piacere nel corso dello stesso rapporto sessuale .

Per essere credibile, la scena di sesso può utilizzare lo schema proposto da Masters/Johnson, ma può anche concentrarsi su ogni fase del ciclo, per esempio sui preliminari.

Nell’accostarsi a lei, non la forza in alcun modo, giacché le donne sono come fiori e vanno trattate con delicatezza. Se vengono prese con prepotenza da uomini che non ne hanno ancora conquistato la fiducia, sviluppano avversione per il sesso. Ecco perché l’uomo ricorra alla persuasione affettuosa. Ma aggirerà le sue difese con qualunque mezzo, anche uno stratagemma, che gli consenta di fare un passo avanti.
(Kāmasütra)

Torniamo un attimo alla descrizione della situazione: c’è un problema di fondo: supponiamo di non aver mai direttamente vissuto l’esperienza sessuale. Se ne può scrivere?
La buona notizia è: sì, se ne può scrivere!

“Vedevo, da piccolo, i miei amici che durante le feste di compleanno ballavano e si baciavano con le ragazzine. Volevo farlo anch’io… ma in un modo o nell’altro… non mi riusciva mai… e di sera e di notte… immaginavo di farlo…. Cresceva il desiderio (immaginazione e desiderio sono correlati)… che poi, da grande, quando mi è capitato di baciare una donna, fu opportuno ricorrere agli anticoncezionali!”

L’immaginazione mista al desiderio è in grado di fornire le basi essenziali per l’elaborazione di una meravigliosa scena erotica.

Ma si può imparare a nuotare senza gettarsi in acqua? Un conto è parlare del nuoto, desiderare di nuotare, altro è fare nuoto realmente. E poi, chi ci dice che la fonte della nostra immaginazione sia di qualità? Vediamo fare sesso in internet, basta un click e ci procuriamo tutte le posizioni del mondo, andiamo al supermercato e troviamo cumuli di romanzi erotici; ma è davvero descritto con arte, questo sesso?
A me sembra che invece di alimentare il desiderio facciano di tutto per spegnerlo, con rappresentazioni degne di vincere il Bad Sex Award (il Premio alla peggiore scena di sesso in letteratura).
Giunto alla XXII edizione, il premio , attribuito dalla prestigiosa rivista inglese Literary Review, quest’anno, è andato al nigeriano Ben Okri, per un brano tratto dal suo ultimo romanzo, The Age of Magic.
Ecco il capolavoro:
Quando la sua mano strofinò il suo capezzolo, fece scattare un interruttore e lei si accese. Lui le toccò la pancia e la sua mano sembrò prendere fuoco. Poi profuse il suo corpo di carezze, e sensazioni agrodolci allagarono il suo cervello. Alla deriva su calde correnti, non più in questo mondo, lei si rese conto che lui stava scivolando dentro di lei. Lui l’amò con gentilezza e forza, mentre accarezzava il suo collo, finché lei non ruppe in un gemito ritmico e basso. Ormai era certa che ci fosse un paradiso e che fosse qui nel suo corpo. L’universo era in lei e con ogni movimento si svelava. Da qualche parte nella notte un razzo decollò.

Ora, il fine di una scena erotica non è solo quello di appassionare ed eccitare, il lettore, ma quello di trasmettere un desiderio di desiderio. E se ciò non avviene, la scena erotica può dirsi fallita.
Occorre far sentire al lettore una vibrazione e un coinvolgimento emotivo, quasi avvertire lo stesso contatto fisico degli amanti raggomitolati nel letto, far venir voglia di essere al posto loro. E tutto ciò attraverso il potere magico, rievocativo e immaginativo della narrativa.

IN CONCLUSIONE… UN CLASSICO…

Penso di essermi addormentato; anzi lo spero, ma temo di no, perché tutto ciò che è accaduto era straordinariamente reale – così reale che, a starmene seduto qui ora, nella grande chiara luce del sole mattutino, non riesco assolutamente a convincermi che di sonno si sia trattato.
Non ero solo. La stanza era la stessa, immutata sotto ogni riguardo dacché vi avevo messo piede; scorgevo sul pavimento, alla luce della luna, le orme dei miei passi là dove avevo disturbato il lungo accumulo di polvere. Di fronte a me, nel raggio dell’astro notturno, erano tre donne giovani, dame nell’abbigliamento e nel tratto. Al primo vederle, ho creduto di sognare perché, sebbene avessero la luna alle spalle, non proiettavano ombra alcuna sul pavimento. Mi si sono accostate, guardandomi per un po’, quindi sussurrando tra loro. Due erano brune, con nasi aquilini come quello del Conte, e grandi occhi scuri, penetranti, che sembravano quasi rossi nel lucore giallo pallido della luna. La terza era bionda come più non si può essere, con grandi masse di capelli d’oro ondulati, e occhi come pallidi zaffiri. Avevo l’impressione, non so perché, di conoscerne il volto, e che fosse correlato a un onirico timore, ma non sono riuscito a ricordare, al momento, il dove e il come. Tutte e tre avevano candidi denti smaglianti che scintillavano come perle sulle labbra rosse e voluttuose. Provavo, per esse, qualcosa che mi metteva a disagio, una brama e in pari tempo una paura mortale. Avvertivo in cuor mio un perverso, ardente desiderio di essere baciato da quelle rosse labbra. Non è bene che io lo scriva; ma è la verità. Le tre bisbigliavano tra loro, e quindi tutt’e tre si sono messe a ridere – una risata argentina, musicale, ma aspra da far sembrare che mai suono simile potesse uscire da molli bocche umane. Era come l’intollerabile, tintinnante dolcezza di un’armonica a bicchieri suonata da un’abile mano. La fanciulla bionda ha scosso il capo con civetteria, e le altre due l’hanno incoraggiata.
Ha detto una:
«Avanti, sei la prima. Dopo tocca a noi. Hai il diritto di cominciare»
E l’altra:
«È giovane e forte; ci sono baci per tutte noi». Io me ne stavo immobile, sogguardando di sotto le palpebre, in un tormento di deliziosa attesa. La fanciulla bionda si è accostata e si è chinata su di me tanto che sentivo il suo alito sfiorarmi. Dolce, era, in un certo senso dolce come il miele, e mi ha comunicato lo stesso brivido della sua voce, ma con qualcosa di acre sotteso alla dolcezza, un che di oltraggiosamente acre, come odor di sangue.
Non osavo sollevare le palpebre, ma guardavo e vedevo perfettamente. La ragazza si è inginocchiata e si è protesa su di me, con avidità, sì. C’era una manifesta voluttà che era insieme elettrizzante e repulsiva, e mentre piegava il collo si è leccata le labbra proprio come un animale, e al lume della luna ho veduto scintillare le labbra umide e scarlatte, e la lingua rossa lambire i denti bianchi e appuntiti. Giù, sempre più giù scendeva il suo capo, e le labbra si sono allontanate dalla mia bocca e dal mio mento, sì che parevano prossime ad avventurarmisi alla gola. Poi si è arrestata, e ho udito il risucchio della lingua che leccava denti e labbra, e ho potuto avvertire il fiato caldo sul collo. E la pelle mi si è accapponata come quando una mano si accosta per farci il solletico, vicina, sempre più vicina. Quindi il tocco delle labbra duttili, frementi sulla pelle sensibilissima della gola, e il duro contatto di due denti acuminati, che sfiorano appena si fermano. Ho chiuso gli occhi in un’estasi di languore, e ho atteso, col cuore che mi batteva forte.
(Bram Stoker, Dracula)